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Unione Italiana Ornitofili
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Domestico e selvatico (18/03/2008)
Che tra uccelli domestici e selvatici ci
siano delle differenze è evidente a tutti. Meno chiaro,
però, è quali tra essi siano realmente domestici
e perché.
Non è cosa da poco conto, questa,
per le evidenti ricadute etiche e pratiche che riguardano non
solo gli allevatori ma anche i semplici appassionati. Una cosa
è la convivenza con un animale biologicamente ed
etologicamente “abituato” alla presenza
dell’uomo ed alla vita in un ambiente controllato (in
altre parole, la gabbia o la voliera), altra la detenzione, per
noi dell’UIO odiosa, in stato di costrizione di un
animale abituato alla vita in libertà.
Per fare chiarezza può essere utile
riportare quanto al riguardo hanno proposto alcune importanti
istituzioni pubbliche italiane.
L’Istituto Nazionale per la Fauna
Selvatica, organismo di consulenza tecnica nazionale per gli
aspetti faunistici e venatori, alcuni anni fa, ad una richiesta
di un parere da parte della nostra federazione (si trattava di
intervenire positivamente su una legge regionale a nostro
avviso mal impostata) così definiva l’animale
domestico: “ Si ritiene
debbano essere considerati domestici animali allevati da
più generazioni in condizioni di cattività e che
in seguito alla selezione artificiale legata al processo di
domesticazione abbiano perduto parte dei caratteri morfologici
e/o comportamentali tipici dei soggetti selvatici appartenenti
alla stessa specie o abbiano acquisito caratteri nuovi”.
Alla stesa richiesta di parere il Servizio
Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente,
recependo quella dell’I.N.F.S., dava identica risposta.
Inoltre, in una proposta di legge,
presentata presso il Senato della Repubblica nell’anno
1997 (primi firmatari Senatori Mele e Parola), alla cui
formulazione proprio il sottoscritto ha partecipato insieme con
biologi, zoologici e comportamentisti, ed avente per tema la
detenzione e l’allevamento delle specie animali, è
stata inserita la seguente definizione di animale domestico:
“Esemplare riprodotto in
cattività da più generazioni in ambiente
controllato, geneticamente selezionato per caratteristiche che
possono essere anche comportamentali, e/o che presenta forme
che lo rendono poco adatto, in assenza dell’uomo, a
sopravvivere in ambienti non controllati dall’uomo stesso”.
Le definizioni sono simili ed il messaggio,
importante, che se ne ricava è chiaro: l’animale
domestico è differente dal conspecifico selvatico, sia
autoctono che esotico.
Nel domestico una barriera importante
è caduta: quella che separa le specie. In tal modo un
patto etico ed ideale con l’uomo è stato
sottoscritto. Troppo spesso proprio noi uomini, animali
evoluti, ce ne dimentichiamo.
Massimo Camerata
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