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Unione Italiana Ornitofili
L’aviaria e i cani di Baku (20/03/06)


“È caccia al gatto e al cane nella capitale azera Baku: le autorità dell'Azerbaijan hanno deciso di uccidere i randagi per paura che possano diffondere il virus dell'influenza aviaria, dopo i presunti casi di contagio riscontrati su questi animali. "Nel quadro delle misure adottate per prevenire la diffusione dell'influenza aviaria abbiamo lanciato diverse iniziative tra cui la cattura di gatti e cani randagi per eliminarli", ha dichiarato il responsabile del servizio veterinario azero Yolchu Khanveli. Tre adolescenti sono deceduti a seguito dell'influenza aviaria in queste ultime settimane in Azerbaijan, divenuta così la prima ex repubblica sovietica a registrare decessi umani della malattia. Un virus influenzale è stato identificato anche su un cane randagio morto in Azerbaijan. Si tratta del tipo A, famiglia che ingloba anche il ceppo H5N1, rilevazione che ha incentivato i timori che l'infezione possa diffondersi nel Paese. Il ministro azero dell'Agricoltura, Ismet Abbasov, ha confermato che un virus di tipo A è stato trovato sul cane, rinvenuto nei sobborghi di Baku, aggiungendo che non è stato possibile identificare con maggior precisione l'agente patogeno.” Così un lancio di agenzia di sabato scorso, 18 marzo.                  

Tanti anni fa, in un lungo viaggio che mi avrebbe portato dall’Italia fino in Nepal ed in India “sfiorai” l’Azerbaijan, che allora faceva parte dell’Unione Sovietica. Un territorio aspro, duro e impraticabile, dove vive una popolazione fiera, provata dal clima, dall’ambiente e dalla storia. Lì gli animali condividono con gli uomini le difficoltà e la miseria. Polli ed altri uccelli domestici vivono a stretto contatto con i bambini, nelle case, e cani e gatti girano liberi. L’igiene spesso era, e forse è, ancora un optional.
I cani azeri, che ora si vogliono abbattere, sono in gran parte custodi di greggi, di antica storia e fiero aspetto, a volte utilizzati ancora oggi per la crudele pratica dei combattimenti tra animali, in voga in gran parte dei paesi dell’Asia centrale.

Da mesi OMS, FAO, ONU e ministeri della salute di mezzo mondo ricordano che cani e gatti non possono trasmettere il virus dell’influenza aviaria all’uomo e che anche con gli uccelli domestici la convivenza è possibile, applicando alcune semplici norme di igiene. Per di più, le autorità azere ammettono di non sapere se il cane trovato morto alcuni giorni fa sia stato ucciso dal famigerato ceppo H5N1 o da un “comune” virus di tipo A. Tutto questo però non basta e cani e gatti azeri sono eliminati.

L’influenza aviaria deve per davvero farci paura, ma non tanto e per ora per una possibile, forse inevitabile pandemia, che se e quando arriverà riguarderà solo e comunque gli esseri umani, quanto per le paure irrazionali ed ataviche che suscita nelle nostre fragili menti.
Un caso estremo questo azero. Forse, ma come non ricordare quanto accaduto solo alcune settimane fa a quel signore siciliano che ha avuto la sfortuna di raccogliere un cigno morto, non lontano da Ragusa? La gente lo scansava, evitando anche di incrociarne lo sguardo, i figli sono stati pregati di non recarsi più a scuola, la vita di una tranquilla famiglia italiana di questo strano terzo millennio, che sempre più somiglia ai secoli bui che precedettero l’anno Mille, rovinata. E ancora, come non segnalare i casi di canarini e cocorite uccise o “liberate” (quindi uccise comunque) da tanti italiani impauriti ed ignoranti?
Ne riparleremo. Per intanto a Baku, Azerbaijan, a poche ore di volo da Roma, Italia,  cani e gatti, improbabili untori di una pandemia che ancora non c’è, vengono inutilmente uccisi.
                                                                               Massimo Camerata